La sentenza del Tribunale di Velletri del 30 novembre 2010 ha sollevato d'ufficio la questione in ordine all'improcedibilità della domanda per mancata notifica del ricorso introduttivo nel termine di 10 giorni indicato dal 4° comma dell'art. 415 c.p.c., attesa la mancata costituzione di parte convenuta, malgrado la notifica fosse avvenuta nel rispetto dei termini di difesa previsti dal 5° comma dello stesso articolo.
trib_velletri_30_novembre_2010_-_iprocedibilit_per_mancata_notifica_nel_termine_ex_art._415_comma 4 c.p.c..pdf |
Tuttavia in mancanza della sanzione dell'espressa dichiarazione normativa ex art. 152, 2° comma c.p.c., il termine di cui sopra dei 10 giorni per la notifica, non dovrebbe ritenersi perentorio, sempreché siano rispettati i termini di comparizione fissati dal 5° e 6° comma, stesso articolo.La corretta lettura della citata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 2064 del 2008) evidenzia un erroneo presupposto interpretativo, secondo cui l'inosservanza del termine di cui all'art. 435, secondo comma, c.p.c. determina l'improcedibilità dell'appello, senza tener presente che nella fattispecie esaminata dalle S.U. tale improcedibilità era stata affermata non già per la sola violazione dell'art. 435, II co., ma per l'inosservanza dell'art. 435, III co., per non essere mai intervenuta la notifica ivi prevista.
In questo senso cfr. Tribunale di Roma, sentenza n. 253/11 del 12 gennaio 2011 |
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con richiamo all'ordinanza della Corte Costituzionale n. 60/2010, (e poi ordinanze n. 301 e 97 del 2009) che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 435 c.p.c., secondo comma, di formulazione analoga al comma 4 dell'art. 415 c.p.c..
Tra le tante pronunce si richiama:
Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., 11-12-2012, n. 22508
Il motivo di ricorso risulta manifestamente fondato sulla base del principio ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui nel rito del lavoro e, conseguentemente, nel c.d. rito locatizio, al quale 447 bis cod. proc. civ. estende le sue norme in quanto applicabili, il termine di dieci giorni assegnato all'appellante per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione (art. 435 c.p.c., comma 2) non è perentorio e, pertanto, la sua inosservanza non comporta decadenza, sempre che resti garantito all'appellato lo spatium deliberandi non inferiore a venticinque giorni prima dell'udienza di discussione della causa (art. 435 c.p.c., comma 3), perchè egli possa apprestare le proprie difese (Cass. 14 luglio 2011, n. 15590; 15 ottobre 2010, n. 21358).
Invero - come evidenziato in specie nella sentenza n. 21358/2010 - l'art. 435 c.p.c., comma 2, alla stregua del quale "l'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all'appellato", deve essere letto ed interpretato in relazione al contenuto del successivo comma 3 del citato articolo, alla stregua del quale "tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni. Il che evidenzia come lo stesso legislatore, nel porre il suddetto termine (ordinatorio) di cui al comma 2, abbia disciplinato le conseguenze di una eventuale inosservanza di tale termine, prevedendo, in buona sostanza, al comma 3, che la notifica effettuata mantiene i suoi effetti, anche in caso di mancato rispetto del termine di cui al comma precedente, allorchè tra la data di notificazione e quella dell'udienza permanga un termine non inferiore a venticinque giorni. In altri termini appare chiaro, dal complesso dei due commi della disposizione all'esame, che il legislatore ha regolato normativamente le conseguenze della inosservanza del termine di cui al comma 2, prevedendo in via generalizzata il permanere degli effetti della compiuta notifica nell'ipotesi prevista dal comma 3, in tal modo superando - alla stregua delle stesse previsioni codicistiche - la necessità di uno specifico provvedimento autorizzatorio o di proroga da parte del giudice prima della scadenza del stesso termine.
Per una ulteriore riflessione sul punto cfr. www.giustiziadellavoro.it (_qui) dove si fa richiamo, ex multis: Cass. 22 febbraio 1988, n. 1835, in Mass. Giur. It., 1988; Cass. 07 febbraio 1989, n. 745, in Mass. Giur. It., 1989; Cass., 16 agosto 1993, n. 8711, in Mass. Giur. It., 1993
Tra le tante pronunce si richiama:
Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., 11-12-2012, n. 22508
Il motivo di ricorso risulta manifestamente fondato sulla base del principio ripetutamente affermato da questa Corte, secondo cui nel rito del lavoro e, conseguentemente, nel c.d. rito locatizio, al quale 447 bis cod. proc. civ. estende le sue norme in quanto applicabili, il termine di dieci giorni assegnato all'appellante per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione (art. 435 c.p.c., comma 2) non è perentorio e, pertanto, la sua inosservanza non comporta decadenza, sempre che resti garantito all'appellato lo spatium deliberandi non inferiore a venticinque giorni prima dell'udienza di discussione della causa (art. 435 c.p.c., comma 3), perchè egli possa apprestare le proprie difese (Cass. 14 luglio 2011, n. 15590; 15 ottobre 2010, n. 21358).
Invero - come evidenziato in specie nella sentenza n. 21358/2010 - l'art. 435 c.p.c., comma 2, alla stregua del quale "l'appellante, nei dieci giorni successivi al deposito del decreto, provvede alla notifica del ricorso e del decreto all'appellato", deve essere letto ed interpretato in relazione al contenuto del successivo comma 3 del citato articolo, alla stregua del quale "tra la data di notificazione all'appellato e quella dell'udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di venticinque giorni. Il che evidenzia come lo stesso legislatore, nel porre il suddetto termine (ordinatorio) di cui al comma 2, abbia disciplinato le conseguenze di una eventuale inosservanza di tale termine, prevedendo, in buona sostanza, al comma 3, che la notifica effettuata mantiene i suoi effetti, anche in caso di mancato rispetto del termine di cui al comma precedente, allorchè tra la data di notificazione e quella dell'udienza permanga un termine non inferiore a venticinque giorni. In altri termini appare chiaro, dal complesso dei due commi della disposizione all'esame, che il legislatore ha regolato normativamente le conseguenze della inosservanza del termine di cui al comma 2, prevedendo in via generalizzata il permanere degli effetti della compiuta notifica nell'ipotesi prevista dal comma 3, in tal modo superando - alla stregua delle stesse previsioni codicistiche - la necessità di uno specifico provvedimento autorizzatorio o di proroga da parte del giudice prima della scadenza del stesso termine.
Per una ulteriore riflessione sul punto cfr. www.giustiziadellavoro.it (_qui) dove si fa richiamo, ex multis: Cass. 22 febbraio 1988, n. 1835, in Mass. Giur. It., 1988; Cass. 07 febbraio 1989, n. 745, in Mass. Giur. It., 1989; Cass., 16 agosto 1993, n. 8711, in Mass. Giur. It., 1993